comune di cortemaggiore


La Storia

Molti ritrovamenti archeologici, inquadrabili tra la metà del VI° sec a.C. e la prima metà del V°, provano che Cortemaggiore è stata abitata in epoca preromana (con insediamenti etruschi fin dalla fine dell’età del bronzo) e romana: sul territorio sono evidenti i segni della centuriazione, schema regolare di moduli quadrati che garantiva un’equa assegnazione di terre ai veterani durante la colonizzazione.
Questo reticolato è manifesto in un quadrilatero compreso tra i torrenti Arda e Chiavenna, la Via Emilia e la Via Postumia, comprendendo il territorio ad est del capoluogo.
Cortemaggiore fu poi la fiorente corte carolingia che Ludovico II, nell’anno della sua morte (875), lasciò in eredità alla nipote Ermengarda, con un documento che dice “... Curtem Majorem in Placentino Comitato et in Aucia”.
La cittadina è menzionata anche in un diploma di Berengario I datato 890.
Berengario, marchese del Friuli, era imparentato per parte materna con la stirpe carolingia; fu incoronato re d’Italia nell’888 e imperatore nel 915.
Cortemaggiore, come abbiamo visto, era compresa nel Comitato Aucense o Stato dell’Aucia, una terra dai confini non ben definiti, estesa tra le Diocesi di Piacenza, Parma e Cremona: dalla forma vagamente triangolare, quest’area dal Po si incuneava verso il preappennino, in un territorio compreso tra Chiavenna e Taro e a cavallo dell’Arda.
Da qui partiamo a spiegare le origini dello Stato Pallavicino.
Il marchese e conte di Palazzo Adalberto degli Obertenghi (alcune cronache riportano però il nome Oberto) scese in Italia nel 960 circa con Ottone I: l’imperatore era calato nella Penisola per deporre re Berengario II, e Adalberto era capitano delle sue milizie.
Poiché il marchese obertengo servì anche Ottone II e Ottone III (morto nel 1002), fu da quest’ultimo investito delle terre scelte dal capitano come permanenza definitiva: si trattava di una regione che coincideva con lo Stato Aucense che, dopo essere stata assegnata ad Adalberto – morto nel 1007 -, fu da lui divisa tra i suoi quattro figli secondo la legge longobarda; da allora la regione prese ad esser chiamata “Terra Obertenga”.
Per gli imperatori doveva essere piuttosto utile avere loro vicari a controllo di una zona di così grande passaggio: qui, oggi come allora, passano la Via Emilia, la Via Postumia e le strade per l’Appennino e Roma.
Si trattava di vie di comunicazione molto battute da soldati, mercanti e pellegrini, il cui controllo era quindi fondamentale per l’Impero.
La dinastia obertenga - dal 1148 appellata “Pelavicino” e, più tardi, “Pallavicino” -, ottenne altre investiture imperiali, come quella di Corrado II (1024 – 1039), che garantiva il privilegio dell’ereditarietà del feudo per Ubertino ed i suoi figli.
Un altro importante riconoscimento venne da Enrico IV (1056 – 1106) per Oberto I, il quale divise le proprietà con i fratelli e tenne Cortemaggiore per sé.
Nel 1162 (o 1182), Federico Barbarossa investì Oberto II di un vasto territorio che includeva il nostro Comune, investitura confermata nel 1249 da Federico II ad un personaggio molto importante della stirpe Pallavicina, cioè ad Oberto III detto Il Grande, che fece della Dongula Curiae Maioris una fortezza imprendibile tra boschi e paludi.
Oberto III e i Pallavicino ebbero un momento di declino alla caduta degli Hohenstaufen, quando Corradino di Svevia (Corrado V) fu decapitato a Napoli per ordine di Carlo d’Angiò, nel 1268: Oberto III fu cacciato dalle sue terre.
La fortuna ritornò con l’avvicinamento dei Pallavicino ai Visconti: nel 1355, Oberto IV si recò dal neo imperatore Carlo IV e fu investito dei beni ereditati dalla famiglia.
Venceslao, figlio dell’imperatore, confermò nel 1395 l’investitura a Nicolò Pallavicino, erede di Oberto IV.
Ai primi del Quattrocento Rolando Pallavicino detto Il Magnifico, figlio di Nicolò ma allevato dal duca di Milano, estese il suo Stato dalle colline al Po, conquistando Soragna, San Secondo e Fontanellato nel 1437, ed includendo Monticelli e il guado verso Cremona; nel 1441 riacquistò anche Cortemaggiore dal duca di Milano. Nel 1413 l’imperatore Sigismondo – altro figlio di Carlo IV - gli aveva rinnovato l’investitura del feudo, riconfermatagli poi da Filippo Maria Visconti.
Rolando (morto a Monticelli nel 1457) divise il feudo tra i suoi sette figli e lasciò “pro indiviso” Cortemaggiore, Busseto e Bargone ai figli Giovanni Genesio e Giovanni Lodovico: questi, a causa dell’avversità tra le loro famiglie, ricorsero nel 1478 a Gian Galeazzo Sforza, affinché dividesse il territorio tra i due.
Grazie all’intervento del saggio consigliere ducale Cicco Simonetta, Giovanni Genesio rimase presso la corte di Busseto, mentre Giovanni Ludovico si trasferì nella residenza estiva di Cortemaggiore, creando la grande città rinascimentale che conosciamo e facendone una sorta di capitale occidentale dello Stato.
In seguito all’intervento del duca, però, la Marca Pallavicina fu degradata da feudo imperiale a feudo ducale.
Nel settembre del 1479 Giovanni Ludovico, la moglie Anastasia Torelli, il figlio Rolando e la nuora Laura Caterina Landi, si trasferirono nel Palazzo del Giardino seguiti dalla corte.
Cortemaggiore allora era un borgo non adatto al suo nuovo ruolo.
Il duca di Milano inviò il suo architetto militare Maffeo Carretto da Como affinché, insieme al piacentino Gilberto Manzi, progettasse la nuova città, che fu disegnata attorno al cardo e al decumano romani seguendo la teoria di Leon Battista Alberti: la città ideale del Rinascimento, a differenza della città medievale, doveva svilupparsi su spazi ampi e razionali.
Nel 1481, Rolando II ereditò lo Stato dal padre, esercitando sulle sue terre una signoria illuminata e progressista: migliorò gli Statuta Pallavicinia, acquistò Fiorenzuola senza vincoli feudali nel 1494, si occupò del sostegno a poveri e pellegrini dal 1495, fondò una stamperia a palazzo nel 1503, iniziò la costruzione della Collegiata, eresse l’edificio dei francescani e alcuni oratori, terminò il Palazzo marchionale e commissionò il mausoleo per i genitori.
In onore della moglie, chiamò la città Castel Lauro, anche se il vecchio toponimo ebbe sempre il sopravvento.
Nel 1509 gli successe il figlio Giovanni Ludovico II, che ebbe il duro compito di osteggiare le pretese di dominio di Francesco I di Francia.
Lo Stato Pallavicino passò, nel 1527, al nipote Gerolamo, che ospitò a Cortemaggiore una comunità ebraica, istituì il Monte di Pietà e chiamò in città il celebre pittore Giovan Antonio de Sacchis, detto il Pordenone.
Pierluigi Farnese fece rapire la moglie del Pallavicino per convincerlo a cedere lo Stato, ma Gerolamo reagì unendosi ai cospiratori che uccisero il duca nel 1547, quindi liberò la consorte; gli successe il cugino Sforza Pallavicino, il grande condottiero marito di Giulia Farnese che, morto il marchese di Busseto, riunificò lo Stato riportandolo alla grandezza di Rolando il Magnifico.
Nel 1585 la reggenza passò ad Alessandro Pallavicino di Zibello: Ranuccio I occupò con la forza il castello di Cortemaggiore ed imprigionò Alessandro, finché questi non rinunciò a tutti i suoi beni; lo Stato Pallavicino fu incluso nel Ducato di Parma e Piacenza nel 1588.
I Farnese utilizzarono per qualche decennio la corte di Cortemaggiore e, nel 1630, vi si rifugiarono per sfuggire alla peste: in quell’anno Ranuccio II (1630 – 1694) nacque proprio nel Palazzo marchionale della città.
Cortemaggiore godeva comunque di una certa autonomia, poiché, fino all’arrivo di Napoleone, il suo Consiglio Comunale - istituito da Rolando II nel 1481 - ebbe modo di esprimersi.
Nel 1752 il Palazzo Marchionale fu acquistato dai principi Leopoldo Darmstad ed Enrichetta d’Este.
Nel 1809 l’amministrazione napoleonica vendette ad un privato il castello della città, che fu smantellato per ottenerne materiale di recupero. L’abbattimento delle mura e delle restanti fortificazioni risale al 1848, durante la Guerra d’Indipendenza.
Gli anni del secondo dopoguerra sono segnati dalla scoperta dei giacimenti di petrolio, dalla figura di Enrico Mattei e dall’Eni: si costruirono impianti di perforazione e la raffineria, mentre la potente benzina italiana fu chiamata la “Supercortemaggiore” e contrassegnata dal famoso “cane a sei zampe”.
Per anni Cortemaggiore fu una capitale degli idrocarburi, tra le città europee più note. Dopo il petrolio fu estratto il metano.
I giacimenti sono esauriti, ma sono rimaste alcune strutture industriali e le abitazioni del personale nella zona verso Fiorenzuola.

Da vedere

Cortemaggiore, - Città d’Arte -, è la “ Città Rinascimentale Ideale” voluta da Giovanni Ludovico Pallavicino.
Il centro storico è compreso in un perimetro rettangolare di 350x650 m, diviso in due parti da Via Roma e Via Cavour, strade dritte ed ampie che corrono in direzione sud-nord con i loro portici: 3 km circa di passeggiata al coperto.
Quattro porte – abbattute insieme ad altre opere di fortificazione - consentivano l’accesso in città. Le strade ortogonali (sette ampie vie intersecate da otto traverse) creano una scacchiera di 42 isolati: uno di questi non fu edificato per lasciare spazio alla Piazza Grande (piazza Patrioti), su cui si affacciano il Municipio e la Collegiata.
Palazzo Pallavicino si trova in fondo ai giardini pubblici, a sud-est del centro storico.
Fino al 1808 davanti al palazzo c’era la Rocca, e i due edifici erano gli unici a rompere l’ordito regolare della scacchiera.
La residenza marchionale – voluta da Giovanni Ludovico al suo arrivo a Cortemaggiore -, aveva pianta quadrata, il fossato e l’aspetto severo di un fortilizio, con due torri e un importante rivellino a difesa del ponte levatoio. L’interno richiama però lo stile di Bramante (1444- 1514): in particolare, l’edificio si ispirava alla Reggia dei Montefeltro di Urbino.
L’elegante cortile è circondato su tre lati da una doppia loggia con elementi decorativi in terracotta, mentre il quarto lato era occupato dagli appartamenti signorili, con un ingresso riccamente decorato in cotto.
La doppia loggia mostra arcate a tutto sesto su esili colonne in granito; l'ordine inferiore è separato da quello superiore da decorazioni in cotto con i medaglioni di Rolando e Laura Landi; le arcate superiori sono ingentilite da sottili cornici in cotto, con medaglioni che riproducono il busto di Oberto III il Grande: una grande colonna, forse appartenente all’antica fortezza di questo Signore, è rimasta incorporata nell’edificio.
I saloni d’onore e le altre sale furono affrescati e dotati di ricchi camini.
Rolando II fece costruire la stamperia vicino al palazzo nel 1502: la biblioteca dei Pallavicino, aperta ai cittadini di cultura del tempo, era ricchissima.
Insieme alla Rocca, nel 1808 fu abbattuto metà palazzo, insieme al teatrino voluto dalla principessa Enrichetta e visitato da Carlo Goldoni; in quegli anni fu anche colmato il fossato.
Dietro al Palazzo Pallavicino c’è il Palazzo del Giardino, la più antica costruzione di Cortemaggiore: la parte posteriore è medioevale, mentre quella col porticato, realizzato da Rolando II Pallavicino, risale agli ultimi anni del XV secolo.
Percorrendo Via Roma da sud, troviamo a sinistra il barocco oratorio di San Giovanni Battista, eretto dalla Confraternita del Santissimo Sacramento tra il 1625 e il 1630 accanto all’omonima porta cittadina. Al suo interno si ammirano gli affreschi di Roberto De Longe detto “Il Fiammingo”, (Bruxelles 1646 - Piacenza 1709): l’artista raffigurò il Mistero della Salvezza e della Glorificazione dell’Eucarestia sulla cupola e sulle vele dell’oratorio, esattamente 300 anni fa.
Dietro la cappella del braccio sinistro del transetto c’è la riproduzione in scala naturale della Santa Casa di Loreto. Le quattro cappelle hanno altari seicenteschi, uno dei quali è dedicato a San Luigi IX, re di Francia che riscattò la corona di spine di Gesù: una Sacra Spina fu donata a Cortemaggiore da Giovanni Ludovico II nel 1522 e si trova nella Collegiata.
Arrivati in Piazza Grande si visita la Collegiata di Santa Maria delle Grazie e San Lorenzo.
Il tempio fu commissionato da Giovanni Ludovico Pallavicino, che, 19 giorni prima della sua morte, chiese al figlio di seguirne la costruzione. L’edificio fu eretto da Gilberto Manzi in stile tardo-gotico lombardo tra il 1481 e il 1495, e, dopo una lunga interruzione, dal 1567 al 1569, non aderendo totalmente al progetto iniziale; il campanile è seicentesco.
La chiesa fu aperta al culto nel 1495, dopo la soppressione dell'antica parrocchia di S. Lorenzo. La facciata neogotica di G. Guglielmetti risale al 1880-1881, quando fu sostituita quella adorna di decorazioni barocche con quella attuale, slanciata dalle guglie e ornata dal rosone gotico e dai marmi bianchi che spiccano sul rosso del laterizio.
Altri restauri tardo-ottocenteschi dotarono la chiesa dell’attuale pavimento marmoreo, del pulpito in noce disegnato da Guglielmetti, aggiunsero alle colonne i capitelli in cotto e fornirono le vetrate ed i lampadari.
La pianta della Collegiata è a croce latina; le tre maestose navate, con imponenti archi ogivali, culminano in grandiose absidi.
La navata di destra mostra cinque cappelle barocche, mentre il presbiterio è alto 20 metri e fu affrescato dal Draghi.
Nell’abside sinistra si ammira la Vergine degli Angeli di Francesco Scaramuzza (XIX secolo), quella centrale è ornata dalla Madonna delle Grazie di Cecrope Barilli (1839 - 1911).
Nella navata sinistra si trova la cappella di San Lorenzo, con le due arche sepolcrali dei Pallavicino, finemente scolpite da un artista lombardo nel 1499.
Presso il portale di sinistra si ammira lo splendido polittico di Filippo Mazzola (1460 – 1505), padre del Parmigianino. Dopo molte vicissitudini, l’opera è stata ricomposta nel marzo 2003: in origine era composta da 11 tavole e cinque tondi, ma oggi restano nove dipinti: Madonna col Bambino, S. Antonio Abate, S. Pietro, S. Giovanni Battista e S. Francesco, S. Elisabetta d’Ungheria, S. Caterina d’Alessandria, S. Agnese, S. Chiara e un tondo del Beato Bernardino da Feltre. Il S. Cristoforo mancante è esposto al Museo Nazionale di Budapest, mentre non si sa nulla dei quattro tondi e del Cristo Redentore. L’opera fu terminata nel 1499.
Nel 1880 il polittico era stato smembrato e si era persa traccia della cornice lombarda, un capolavoro tra le ancone lignee del Quattrocento; nel 2000 è stata donata alla Collegiata dal suo proprietario Paul Levi, un collezionista inglese che l’aveva comprata ad un’asta del Victoria and Albert Museum di Londra.
Tra gli altri tesori della chiesa ci sono un pregevole Santo Crocifisso del 1523, emerso dagli scavi della cripta del 1761, l’organo ottocentesco con 4.000 canne, gli affreschi di Luciano Richetti, la Resurrezione di Lorenzo Toncini (1850), l’altare maggiore del 1798 e l’altare del transetto sinistro, datato 1770.
Seguendo il fianco destro della Collegiata e girando a sinistra verso Via Matteotti - l’asse ortogonale maggiore della città -, si arriva alla chiesa della Santissima Annunziata (o dei Padri Francescani), che si trova all’estremità est dell’abitato, a circa 300 metri dal centro storico. Fu costruita insieme al convento tra il 1487 e il 1499, su progetto di Gilberto Manzi; i lavori furono seguiti personalmente da Anastasia Torelli, che volle tener fede alle ultime volontà del marito.
La facciata, in stile gotico/lombardo come le absidi, è divisa in tre parti dalle pilastrate culminanti nei pinnacoli e presenta anche elementi protorinascimentali; sulla sinistra c’è il chiostro, in parte danneggiato da uno scoppio, mentre è rimasto integro il refettorio.
La pianta basilicale ha tre navate (quella centrale sormontata da volte a crociera) e mostra elementi romanici, gotici e rinascimentali.
La navata di sinistra ha sei semplici cappelle, mentre in quella di destra le cappelle rinascimentali sono collegate da archi a tutto sesto che riproducono i portici della città. L’ultima cappella di destra (detta di Sant’Anna, dei Pallavicino o della Concezione), è un vano ottagonale, a destra del quale c’erano i sepolcri dei Pallavicino: le arche furono trasferite nella Collegiata quando il convento francescano venne soppresso (1812). La cappella fu affrescata dal celebre pittore Giovan Antonio de Sacchis, detto il Pordenone (Pordenone, 1484 – Ferrara, 1539): sulla parete di fondo c’è l’altare, a sinistra sono rappresentati i santi Origene, Salomone e Cirillo, a destra Cipriano e Girolamo. Le lunette a sesto ribassato raffigurano un Profeta, la Sibilla, l’Ascensione e la Resurrezione. La volta rappresenta Dio Padre tra gli Angeli. L’olio su tavola - Disputa dell’Immacolata Concezione -, si trova a Napoli, presso le Gallerie Nazionali di Capodimonte: la pala d’altare è una copia di Agostino Carracci (primo Seicento).
Meravigliosa la Deposizione, grande tempera su tela del Pordenone, posta nella navata di sinistra.
Oggi il convento ospita una comunità di Padri Sacramentini e la biblioteca comunale.
La Biblioteca Storica Francescana, con testi dal XVII al XIX secolo, quattrocenteschi codici miniati, incunaboli a stampa è attualmente conservata dagli stessi Padri Sacramentini.
In fondo ai portici di Via Cavour, a sinistra andando verso Cremona, c’è l’oratorio di San Giuseppe, eretto dalla Confraternita dello Spirito Santo tra il 1576 - 1593 su un tempio del 1432. L’esterno è cinquecentesco, con un esile campanile, mentre l’interno a tre navate è barocco. Recenti restauri hanno riportato all’originario splendore gli stucchi tardo-seicenteschi dei cremonesi Bernardo Barca e Domenico Dossa, che ricoprono tutte le superfici del tempio, comprese le colonne e le volte: l’effetto è meraviglioso, con l’alternarsi del blu di lapislazzuli e degli stucchi bianchi. Bellissimi anche i dipinti del fidentino G.B. Tagliasacchi, mentre il cremonese Andrea Mainardi, detto il Chiaveghino, dipinse una Pentecoste (1576).
Accanto alla chiesa di San Giuseppe c’è la Casa della Misericordia dei poveri di Cristo, edificio porticato lungo la via ai confini del perimetro cittadino, commissionato da Rolando II con rogito del 27 ottobre 1495. Sul fronte principale presenta tre arcate e si sviluppa intorno ad un cortiletto con doppia loggia. L’hospitale offriva 12 posti letto (il viandante poteva fermarsi fino a tre giorni) protetti da una cortina di stoffa e corredati ciascuno da un baule a chiave, e aveva un ospedaliere (medico) fisso; qui ci si occupava anche della dote per le ragazze povere. L'oratorio dedicato a S. Maria Maddalena, posto a sud della casa, fu demolito nel XIX secolo.
L’oratorio della Beata Vergine (anche detto “Madonnina”), fu eretto nel 1661 in prossimità del cimitero dal Sacerdote Antonio Bovarini, al fine di preservare un quattrocentesco affresco della Madonna in Trono. Dal 1681 fu sede della Confraternita della SS. Trinità e del Riscatto.
La chiesa, a pianta centrale, è impreziosita dalle pregevoli tele di Carlo Bonisoli, dagli affreschi e dall’organo Bossi-Urbani del 1861, posto nella controfacciata.
Il Teatro Municipale Eleonara Duse, in Via XX Settembre, fu ricavato nel 1827 dalla trasformazione dell'oratorio del Convento delle Suore terziarie francescane. Il palco è stato ricavato nell’antica abside; le pareti furono affrescate da G.B. Tagliasacchi con festoni floreali, mentre l’atrio è decorato da motivi rinascimentali. Fu trasformato, negli anni Settanta del ‘900, in auditorium, destinazione ancora oggi in uso.
Molti gli edifici residenziali interessanti di Cortemaggiore: Palazzo Manfredi (casa natale di Giuseppe Manfredi); Palazzo del capitano Rizzi, con teatro proprio; Palazzo Vitali, famiglia di farmacologi; i palazzi Boscarelli, Agosti, Cipelli e Gocciadoro; Palazzo Santa Fiora, riccamente decorato; la palazzina Liberty della ballerina Virginia Zucchi; la casa natale di Lorenzo Respighi; la ex Sinagoga Ebraica e la Casa del Rabbino; i Palazzi Gandolfi e Zocchi; il Casino di Caccia; la casa natale di Dioscoride Vitali; l’asilo infantile, sorto per interessamento di Giuseppe Verdi.
L’antica parrocchia di San Lorenzo, sostituita dalla Collegiata, oggi è un oratorio settecentesco con facciata concava a fasce bicrome che riproducono la graticola, supplizio di San Lorenzo. L'interno a pianta centrale ha una cupola con grande lanterna. A destra dell'altare resta parte di un affresco duecentesco: Vergine col Bambino. Tagliasacchi dipinse per la chiesa Sposalizio della Vergine e Incoronazione della Vergine.

Dintorni

Chiavenna Landi si trova ad ovest di Cortemaggiore, lungo la statale 587 e sulla riva sinistra del Chiavenna.
Fu per secoli un feudo dei Landi, nobile famiglia da cui proveniva anche Laura Caterina, moglie di Rolando II Pallavicino.
Le prime notizie relative alla sua rocca risalgono al 1209, quando fu eretta da Gislerio Landi con il consenso del Comune di Piacenza, che in cambio volle metà della fortificazione per far fronte alle incursioni di Cremona. Nel 1212 il Comune scelse alcuni cittadini a cui assegnare le terre intorno al castello, che rimase ai Landi fino al 1941, quando la marchesa Teresa lo vendette.
L’antica fortezza è una sorte di torre cinta da eleganti beccatelli, sopra i quali c’è il cammino di ronda con le caditoie e la corona di merli ghibellini. La pianta rettangolare del fortilizio è stata alterata dall’aggiunta di alcuni rustici.
La chiesa della frazione è intitolata alla Natività della Beata Vergine, ed è frutto della trasformazione del cinquecentesco convento agostiniano dedicato alla Madonna delle Grazie, di cui si ammira ancora il portico. La facciata è neogotica con elementi barocchi e, al suo interno, conserva una venerata statua rinascimentale della Madonna col Bambino e San Giovannino.
A San Martino in Olza, sulla riva destra dell’Arda, si visita la chiesa omonima, eretta nel 461 d.C. sulle rovine di un tempio pagano; quest’antica pieve fu sede del Capitolo fino a che fu sostituita in questa funzione dalla Collegiata di Cortemaggiore. San Martino è un bell’edificio romanico, malgrado siano stati aggiunti elementi gotici: all’interno sono rimasti l'impianto in stile romanico ed alcuni affreschi trecenteschi sui pilastri ed alle pareti, molti dei quali rappresentano Santi. L’attuale pavimento è più alto rispetto al piano originale e anche il primitivo soffitto a capriate è stato rimosso.

Informazioni Utili

Municipio
Piazza Patrioti, 8
Tel. 0523-832711
E-mail: info@comune.cortemaggiore.pc.it
Sito web: www.comune.cortemaggiore.pc.it

Ufficio Cultura
Tel. 0523-832708

Carabinieri
Via Matteotti, 1
Tel. 0523-836527

Pro Loco
Tel. 0523-839080
pro.corte@libero.it

Frazioni: Chiavenna Landi, Cortemaggiore, San Martino in Olza

Distanza da Piacenza: 22 km

Superficie: 36,8 kmq
Altitudine: 52 m
Residenti: 4.200 circa

CAP: 29016