comune di Monticelli d'ongina
La Storia
Nel 115 a.C. il console romano M. Emilio Scauro intraprese la bonifica di queste terre, regimando il corso dei torrenti che si gettavano nel Po: l’area paludosa e melmosa, attraversata da una trentina d’anni dalla Via Postumia, divenne così ricca di boschi e prati.
Probabilmente il toponimo del Comune deriva proprio dal fatto che gli insediamenti erano collocati sui bassi rilievi che emergevano dalle acque (i “monticelli”, appunto).
Come Caorso, anche Monticelli rientrò nella giurisdizione dell’importante Abbazia benedettina di Nonàntola (Modena) nel VII secolo; successivamente, nei secoli X e XI, fu sottoposta all’influenza della Diocesi di Cremona, che vi governò attraverso i Bonifaci e i Dovara.
Il primo documento a noi giunto che cita il castrum, risale al 1298, anno in cui il Comune di Cremona, subentrato al Vescovo della stessa città, fortificò il borgo, avamposto della città ghibellina oltre il Po: questa zona suscitava gli interessi politici anche di Piacenza e Parma, poiché, data la sua posizione, consentiva il controllo di un’area di grande passaggio in direzione nord-sud ed est-ovest, lungo le direttrici della Postumia e della Via Emilia.
Tra la fine del XII secolo e gli inizi del XIV, il castello fu circondato da mura.
Nel Quattrocento secolo la storia di Monticelli subì una svolta importante e visse il massimo splendore, poiché si legò a quella dei marchesi Pallavicino: il capostipite Adalberto si era insediato in un territorio tra Piacenza, Cremona e Parma tra la fine del X secolo e l’inizio dell’XI, dopo aver servito come capitano delle milizie gli imperatori Ottone I, II e III.
I Pallavicino ebbero un momento di declino alla caduta degli Hohenstaufen, quando Corradino di Svevia (Corrado V) fu decapitato a Napoli per ordine di Carlo d’Angiò (1268).
La fortuna ritornò con l’avvicinamento dei Pallavicino ai Visconti: nel 1355, Oberto IV Pallavicino si recò dal neo imperatore Carlo IV e fu investito dei beni ereditati dalla famiglia.
Venceslao, figlio dell’imperatore, confermò nel 1395 l’investitura a Nicolò Pallavicino, figlio di Oberto IV.
Ai primi del Quattrocento Rolando Pallavicino detto Il Magnifico, figlio di Nicolò ma allevato dal duca di Milano, estese il suo Stato dalle colline al Po, includendovi Monticelli e il suo guado verso Cremona; nel 1413 l’imperatore Sigismondo – altro figlio di Carlo IV - gli rinnovò l’investitura del feudo, riconfermatagli nel 1425 da Filippo Maria Visconti.
Rolando (1394 – 1457), in virtù del prestigio che lo Stato Pallavicino andava assumendo, ordinò la costruzione di un imponente fortilizio a Monticelli intorno al 1420.
Secondo la legge longobarda, Rolando divise il feudo tra i suoi sette figli e lasciò “pro indiviso” Cortemaggiore, Busseto a Bargone ai figli Giovanni Genesio e Giovanni Lodovico; questi, a causa dell’avversità tra le loro famiglie, ricorsero nel 1478 a Ludovico Sforza, affinché dividesse il territorio tra i due.
Giovanni Genesio rimase presso la corte di Busseto, mentre Giovanni Lodovico si trasferì nella residenza estiva di Cortemaggiore, creando la grande città rinascimentale di cui si parla nella sezione ad esse dedicata.
In seguito all’intervento del duca, però, la Marca Pallavicina fu degradata da feudo imperiale a feudo ducale.
Monticelli fu invece assegnato da Rolando al suo sestogenito Carlo Pallavicino (1427 – 1497), nato dal matrimonio con la contessa Caterina Scotti di Agazzano.
Carlo fu uomo molto colto e raffinato, formatosi presso le Università di Bologna e di Parigi: a circa vent’anni intraprese la carriera diplomatica presso la corte di Francia, più tardi prese i voti e fu nominato protonotario apostolico dal Papa umanista Nicolò V.
Nel 1456, Callisto III lo elesse vescovo di Lodi: qui Carlo Pallavicino fondò una biblioteca con finalità didattiche e diede l’avvio alla costruzione della splendida Incoronata.
A Monticelli, invece, il Vescovo di Lodi fissò il centro della sua corte, che dotò di una dinamica vita culturale e artistica; inoltre continuò i lavori della Rocca e iniziò, nel 1471, quelli della chiesa di San Lorenzo, che fu subito costituita in Collegiata da Papa Paolo II.
Tra le opere commissionate da Carlo Pallavicino c’è anche la meravigliosa cappella affrescata al primo piano del torrione della Rocca.
Una curiosità: nel 1480 Carlo Pallavicino, fondò la Schola Cantorum, da cui cominciò la storia del Corpo Bandistico Monticellese.
Nel 1494, Carlo VIII d’Angiò avanzò pretese sul Regno di Napoli e iniziò le guerre in Italia, generando una crisi che portò molta miseria: in quel periodo il vescovo-marchese sfamò i poveri a proprie spese.
Insomma, possiamo dire che Carlo fu un grande vescovo e un mecenate: i suoi quarant’anni di episcopato portarono rinnovamento nella sua diocesi, un nuovo fervore religioso e resero grande anche Monticelli, la corte in cui il vescovo visse fino alla sua morte, preferendola, a differenza dei suoi “colleghi” del tempo, a quella romana.
Nel 1557 Sforza Pallavicino riunificò lo Stato che, un’ottantina di anni prima, era stato diviso tra i figli di Rolando; in quel periodo nel castello di Monticelli era insediato il marchese Polidoro Pallavicino, che morì dieci anni dopo senza eredi maschi: la Camera Ducale Farnesiana assegnò così parte del castello al conte Michele Casali di Castelvetro, figlio di Livia Pallavicino e Gregorio Casali.
Nel 1650 Francesco Casali acquistò un altro terzo del feudo di Monticelli e ne fu investito con titolo Marchionale per sé e per tutti i discendenti maschi; Francesco rimase anche Conte di Castelvetro Piacentino fino al 1691, quando vendette quelle terre al nobile piacentino Federico II Coppalati.
La Rocca di Monticelli appartenne interamente ai Casali fino al 1957, anno in cui monsignor Renato Mezzadri l’acquisì per via testamentaria dai marchesi stessi.
Attualmente il Comune di Monticelli sta per comprare la struttura dalla parrocchia.
Tra i progetti dell’amministrazione ci sono il trasferimento della biblioteca al primo piano della Rocca, ed il collegamento del Po al maniero tramite un percorso ciclo-pedonale.
Il 1905 a Monticelli fu l’anno della fondazione della Società Anonima Cooperativa di Consumo “Avanti” e della Società Anonima Cooperativa di Lavoro fra braccianti e affini: la Val d’Ongina e le zone lungo il Po erano un serbatoio di contadini (la Sagra di San Martino ricorda appunto le antiche feste d’addio in occasione della chiusura dei contratti mezzadrili) e qui si svilupparono le prime forme del socialismo riformista.
Ricordiamo ancora che, nel 1942, Pio XII elevò la Collegiata al rango di Basilica.
Da vedere
L’impianto di Monticelli d’Ongina, frutto di un rinascimentale studio di urbanistica pianificata, fu voluto dai Pallavicino: il criterio geometrico e lineare con cui la cittadina è stata costruita, è ispirato a quelli di Busseto e Cortemaggiore.
Il nucleo antico del borgo è quadrangolare, con strade parallele e lotti edilizi stretti e lunghi, di uguale grandezza e disegnati da una griglia di strade ortogonali.
Il centro storico è delimitato da Via Bixio, Via Alfieri (anche detta Via del Macello), Via Pallavicino e Via Martiri della Libertà.
Piazza Casali nel Cinquecento era detta “piazza del gioco del pallone” e, dal Novecento, è chiamata Piazza della Rocca, mentre l’attuale Via Garibaldi un tempo fu la contrada degli Ebrei. Via Cavour era la “contrada del pozzo”, poiché vi si trovava un pozzo utilizzato da tutta la comunità.
La via principale è porticata, come a Cortemaggiore e in molti paesi padani.
Il castello, circondato da 16.000 mq di area verde e da un ampio fossato, ha pianta quadrata: i quattro corpi di fabbrica - con muri a sacco dello spessore di due metri - sono uniti ai vertici da torri rotonde, sporgenti e sopraelevate rispetto alle linee di cortina. Il prospetto principale è interrotto dal mastio centrale sporto in fuori e quadrato, con ingresso e posterla che recano ancora i solchi del ponte levatoio.
Il perimetro delle mura è completamente percorso da un camminamento di ronda coperto, sotto il quale corrono i piombatoi sorretti da beccatelli, e sopra il quale si legge la merlatura ghibellina a coda di rondine. I camminamenti, che coinvolgono anche le torri cilindriche ed il mastio quadrato, sono raggiungibili tramite strette scale a chiocciola.
L’androne d’ingresso reca tracce d’affreschi: lo stemma dei Pallavicino e un quattrocentesco dipinto: Madonna col Bambino.
Da qui si accede al cortile quadrato, un tempo circondato da elegante portico con arcate a tutto sesto.
La parte destra, meno rimaneggiata della sinistra, è più rustica, poiché era adibita ad accogliere la guarnigione e la servitù. Il piano alto del mastio era destinato a prigione: sulle pareti sono ancora incise le testimonianze dei detenuti.
La tradizione vuole che un passaggio segreto unisca il castello alla chiesa Collegiata.
Gli appartamenti residenziali (in totale il castello ha 105 stanze) sono sul lato sinistro e hanno subito molti rimaneggiamenti: vi si trovano lo studio del vescovo riccamente stuccato, e la sottostante Cappellina affrescata, attribuita concordemente da molti studiosi a Bonifacio e Benedetto Bembo, pittori presso la bottega del padre Giovanni insieme ad altri tre fratelli.
La cappella è piuttosto piccola, a pianta quadrata e coperta da una volta a crociera.
Sulla parete di fronte all’ingresso è rappresentata la Crocifissione (sotto c’è la Madonna in gloria tra i santi Bernardino e Agostino), su quelle laterali l’Ultima Cena (sopra cui è affrescato San Giorgio col drago e la principessa) e la Deposizione; l’Annunciazione è accanto alla finestra, mentre le Storie di San Bassiano sono nel sott’arco: ricordiamo che San Bassiano è patrono di Lodi e che Carlo Pallavicino ne rilanciò il culto. All’interno dell’arco ci sono le insegne vescovili, mentre, ancora sulla parete di destra, ci sono la Madonna col Bambino, il ritratto di Carlo Pallavicino orante e l’Arcangelo Gabriele. Nei quattro spicchi delle vele della volta sono rappresentati i quattro Evangelisti, ritratti in cattedra coi loro simboli e nell’atto di indottrinare ciascuno un Padre della Chiesa.
Nelle cantine del castello sono stati allestiti diversi spazi espositivi: il Museo Civico e della Civiltà Contadina e Artigiana, fondato nel 1972, il Museo Etnografico del Po e l’Acquario, con una ventina di vasche che ospitano le varietà ittiche del Po.
Nelle sale museali si apprezzano moltissimi oggetti diversi: reperti preistorici e del periodo romano, costumi d’epoca, vecchie fotografie, antichi strumenti, sculture e dipinti; tra i documenti conservati ci sono i carteggi tra Giuseppe Verdi ed il Corpo Bandistico Monticellese. Molti anche i cimeli di illustri compaesani.
Una sezione è dedicata ai barcaioli e ai pescatori, con l’esposizione di barche complete di strumenti, anche per cavare sabbia e ghiaia dal fiume.
La parte che documenta la vita contadina propone una serie di attrezzi agricoli, ed altri per lavorare seta e vimini. Da poco è esposta una collezione di forcelle per bovini, ornamenti che, in passato, erano posti sulle coperte dei buoi.
Visite alla Rocca: domeniche e festivi (esclusi mesi di gennaio, luglio, agosto e dicembre). Orario invernale: 15.30-17.30; orario estivo: 15.30-18.30.
Nei giorni feriali i gruppi possono prenotare una visita allo 0523.827195; fax 0523.815433. Informazioni: tel. 0523.827185; e-mail albincas@tin.it.
Il biglietto d’ingresso consente l'accesso alla Cappella del Bembo, all'Acquario e al Museo Etnografico e del Po. Museo Civico con ingresso gratuito.
L’altro grande monumento di Monticelli è la Collegiata di San Lorenzo.
Il tempio fu eretto tra il 1471 e il 1480 in località Falasca, su commissione di Carlo Pallavicino e su disegno di Giovanni Battagio, autore anche dell’Incoronata di Lodi.
Le linee originali del tempio erano gotico/lombarde, ma furono rimaneggiate nei secoli XVII e XVIII, mentre la facciata neogotica fu disegnata nel 1877 da E. Arborio Mella.
L’interno a croce latina ha tre navate: quella centrale culmina in un’abside esagonale.
Il tempio fu riccamente decorato da artisti cremonesi e conserva le pregevoli tele di G.B. Trotti (Cremona, 1555 – Parma, 1619) allievo e genero del Campi, soprannominato il Malosso, che per la Collegiata dipinse: Santa Lucia nella seconda cappella di destra, SS. Cecilia e Caterina (copia del dipinto di Campi) nella terza; Transito di San Giuseppe sul fondo navata, a destra, e San Girolamo nel transetto di sinistra.
Nel transetto di destra, presso la cappella della Beata Vergine del Rosario, si ammirano stucchi del 1673. Il centro volta è decorato da una tavola ottagonale di Altobello Melone (Madonna col Bambino) e da affreschi del 1657: si tratta delle Scene della Vita della Vergine di G.B. Natali, che dipinse anche le grandi tele sulle pareti laterali (Presentazione al Tempio e Invenzione del Rosario).
Nel presbiterio, arricchito dagli stucchi seicenteschi del comasco Domenico Retti e dalle dorature di Andrea e Gerolamo Spada, c’è il grande ciclo di affreschi raffiguranti Storie della vita di San Lorenzo, del fiammingo Robert de Longe: la sequenza culmina nella pala d’altare, col Martirio del Santo. L’altare in marmi policromi è tardo settecentesco.
Il secondo altare di sinistra presenta due opere tardo-cinquecentesche di Andrea Mainardi detto Il Chiaveghino: il Crocefisso e SS. Francesco e Bernardino.
Nel 1495 il Vescovo fece dono alla collegiata di San Lorenzo di un grande tesoro, fatto di preziosi oggetti d’arte sacra e arazzi con storie di San Bassiano: questi beni preziosi sono però andati in gran parte perduti.
Dintorni
Ricordiamo che alcuni tratti della sponda piacentina del Po nel Comune di Monticelli, sono compresi nell’area protetta Oasi Isola de Pinedo, descritta nella sezione relativa a Caorso.
San Nazzaro si trova sulla statale 10 Padana Inferiore, prima di Monticelli d’Ongina, ed è un tradizionale paese di barcaioli e cavatori, i cosiddetti “sabbiaioli” che, prima dell’avvento della meccanizzazione, caricavano a forza di braccia ghiaia e sabbia su barche da 16 metri cubi. Il pescatore di storioni era l’altra figura tipica di San Nazzaro.
Il vecchio ponte a barche per Castelnuovo Bocca d’Adda fu sostituito con quello di cemento armato solo nel 1967.
La parrocchiale del paese è dedicata ai Santi Nazaro e Celso e fu ricostruita nel XVII secolo sul precedente tempio romanico del Duecento; nella Cappella del Suffragio e nel Battistero sono conservati importanti dipinti della scuola del Bibiena, da cui provengono anche i quattro grandi ovali del Martirio dei SS. Nazzaro e Celso. Nel 1794, mentre Domenico Mazzetti dipingeva il San Nazzaro decollato, Bartolomeo Rusca si dedicava ai putti e alle statue. L’abside fu affrescata nel Settecento, mentre altre cappelle sono state decorate più recentemente, nel XX secolo.
Isola Serafini si trova a nord-est del capoluogo ed è collegata alla terraferma da un ponte. La grande ansa che la circonda fu sbarrata presso la foce dell’Adda, quindi fu aperto un canale ad unire le estremità dell’ansa stessa: su questo canale si trova una centrale Enel per la produzione di energia elettrica.
Più ad est, lungo il Po, si arriva ad Olza: poco lontano dalla frazione c’è Punta Cristo, una lingua di sabbia bianchissima e ricca di vegetazione.
Informazioni Utili
Municipio
Via Cavalieri di Vittorio Veneto, 2
Tel. 0523-820441
Fax: 0523-827682
E-mail: com.monticelli@libero.it
Sito web: www.comune.monticelli.pc.it
Carabinieri
Tel. 0523-829469
I.A.T. di Castell'Arquato
Tel. 0523-803091
Gruppo Culturale Mostre
Piazza Casali, 10
Tel. 0523-815239
E-mail: albincas@tin.it
Sito web: www.museodelpo.it
Museo Etnografico- Museo della civiltà contadina - Acquario del Po
Rocca Pallavicino-Casali
Tel. 0523-827048 - 0523-827185
Pro Loco
Tel. 0523-827229 - 0523-827240
Frazioni: Monticelli d'Ongina, Olza - Fogarole, San Nazzaro, San Pietro in Corte
Distanza da Piacenza: 23 km
Superficie: 46,4 kmq
Altitudine: 40 m
Residenti: 5.400 circa
CAP: 29010