comune di Morfasso
La Storia
Sul Monte Lama gli uomini del Paleolitico Superiore e del Mesolitico si approvvigionavano di diaspro per fabbricare strumenti di caccia, mentre a Rocca dei Casali (872 m), presso lo sperone di calcare bianco a picco sull’Arda, si notano tracce di gradini scavati nella roccia in epoche remote.
Nell’alta Val d’Arda e nell’alta Val Chero sono emersi reperti dell’Età del Ferro: anche qui si insediarono i Liguri Veleiati, come dimostrano i resti di un castelliere preromano sul crinale del Monte Pelizzone (1.104).
Continuando questo viaggio nel tempo, diciamo ancora che nella Tabula Alimentaria Traianea sono citati il fundus Caninianus (l’attuale Carignone di Morfasso, poco distante da Veleia) e il fundus Varianus.
Lo stesso toponimo di Morfasso potrebbe derivare dal latino “moram facere”, cioè “far sosta”.
Queste valli sono state sempre oggetto di insediamenti, perché mettono in comunicazione la pianura con la Liguria e la Toscana.
Dopo Liguri e Romani, anche i Longobardi controllarono ed amministrarono questa via appenninica verso il mare.
In epoca longobarda si delineò una variante a quella che successivamente, nell’età carolingia, sarà chiamata Via Francigena: si tratta della Via dei Monasteri Longobardi, usata dall’omonimo popolo per tenersi lontano dai Bizantini insediati sul Mar Ligure e nell’Esarcato di Ravenna: i Longobardi si muovevano lungo i crinali dell’Appennino ligure-piacentino e tosco-emiliano per spostarsi dalla loro capitale Pavia ai ducati di Tuscia, Spoleto e Benevento. Questo stesso percorso fu privilegiato dal Comune di Piacenza nel XII secolo, in alternativa alla Via del Monte Bardone (Passo della Cisa) controllata dalla rivale Parma.
Le tappe della Via dei Monasteri, utilizzate da soldati, mercanti e pellegrini romei, erano, a grandi linee, le seguenti: Fiorenzuola, Castell’Arquato, Lugagnano, Veleia, Rustigazzo, Mocomero e Mignano (Vernasca), Taverne, Monastero di Val Tolla, Sperongia, Pedina, hospitale di Casali, Passo del Pelizzone, Bardi, Monastero di Gravago, e poi giù fino a Borgotaro e Pontremoli.
La discesa a sud poteva cominciare anche prima, lungo la Val Vezzeno o la Val Chero, passando da Carpaneto, Gropparello, Veleia, Passo dei Guselli (923 m) e Morfasso.
Lo stesso toponimo “Val Tolla”, che anticamente designava l’Alta Val d’Arda, deriva dal longobardo tular, che significa “pietra di confine”.
Intorno alla metà del VII secolo, i benedettini fondarono l’Abbazia dei SS. Salvatore e Gallo nell’attuale frazione Monastero di Val Tolla: ben presto il convento divenne un centro amministrativo che controllava molte terre, compresi i castelli di Sperongia, Morfasso, e le terre di Gropparello fino a Sariano (ceduta al monastero dall’imperatore Enrico II nel 1014).
Erano gli stessi re longobardi e, più tardi, i re italici e gli imperatori germanici ad investire i monasteri di questi possedimenti, al fine di controllare vasti territori.
Berengario I, marchese del Friuli incoronato imperatore nel 915, concesse il castello di Sperongia al monastero che, a sua volta, lo infeudò a diverse nobili famiglie: alla caduta del monastero, il fulcro dell’amministrazione della giustizia in alta valle divenne proprio Sperongia.
Nel 1220 la Val Tolla passò sotto il controllo del Comune di Piacenza, che cominciò a fortificare la zona contro Bardi: nel 1269, infatti, Federico Landi, a capo di truppe bardigiane, attaccò e distrusse il borgo.
Nel XIV secolo Signori del luogo furono i Visconti, e quindi i Rossi.
Nel 1535 Papa Paolo III soppresse l’Abbazia di Val Tolla, perché decaduta moralmente e politicamente, quindi assegnò il controllo del territorio a Guido Ascanio Sforza, che nel 1542 cedette i possedimenti a Sforza Sforza conte di Santa Fiora, signore di Castell’Arquato.
Nel 1624 il cardinale Francesco Barberini trasferì a Roma tutto l’archivio del monastero di Val Tolla.
Gli Sforza Cesarini furono i successivi feudatari del distretto.
Morfasso è stata molto toccata dal fenomeno dell’emigrazione verso Francia, Stati Uniti e Inghilterra, specialmente a Londra.
Lo sbarramento del Nure presso Mignano fu costruito tra il ’19 e il ’34, creando un grande lago artificiale che affianca la strada che collega Lugagnano a Morfasso, dalla quale si vedono anche i boschi del Parco del Monte Moria ed il profilo del Monte Lama.
Le montagne di Morfasso furono teatro della lotta partigiana, che pagò duramente il prezzo dei rastrellamenti tedeschi: il 4 dicembre 1944, al Passo dei Guselli – dove è stato posta una lapide di bronzo -, trentatré giovani partigiani furono uccisi da una colonna di settanta soldati tedeschi, per lo più mongoli; un mese dopo altri 20 partigiani ed alcuni civili furono assassinati presso Rocchetta di Morfasso.
Da vedere
Percorrendo la strada che da Carpaneto porta a Veleia, si raggiunge la frazione di San Michele in Val Tolla (662 m), posta sul versante del Monte Moria che guarda al torrente Chero.
L’omonima chiesa, a navata unica e con quattro cappelle, fu eretta sulle rovine di quella medievale, ed era tributaria di quella di Macinesso (Veleia). Parte dell’edificio duecentesco è conservata nella base del campanile, ricostruito nel primo Novecento.
San Michele è un frequentato luogo di villeggiatura, grazie alla presenza di un campeggio e ad un’attiva Pro Loco, che, tra le altre cose, organizza una bella sagra agostana.
Proseguiamo verso Morfasso, dove si arriva valicando il Passo dei Guselli (923 m).
Morfasso si trova a 631 m sul livello del mare.
La chiesa di Santa Maria Assunta e Santa Franca da Vitalta (patrona della Val d’Arda), è cinquecentesca, benché rimaneggiata nel secolo successivo, quando furono aggiunte quattro cappelle. La facciata è barocca, mentre le decorazioni interne sono ottocentesche; l’affresco che raffigura la Crocifissione - scoperto presso l’abside - è tardo-cinquecentesco. Da vedere anche la nicchia sopra il portale d’ingresso, che ospita una settecentesca statua dipinta: la Vergine col Bambino.
Nella Chiesa Antica una stanza è stata adibita a piccolo museo a ricordo del cardinale Silvio Oddi; il cardinale riposa in un sarcofago in marmo proprio in questo tempio.
All’interno della scuola è allestito il Piccolo Museo Archeologico dell’Alta Val D’Arda, dedicato a fotografie d’epoca, civiltà contadina, flora e fauna della Val Tolla: tra i reperti più interessanti ci sono un’ascia levigata del Neolitico, laterizi bollati d’epoca romana, ceramiche e anelli medievali.
(Il Museo è aperto la domenica mattina e su prenotazione. Informazioni presso il Comune).
A Morfasso si prende la strada per Monastero Val Tolla (460 m), un bellissimo borgo affacciato sulla diga di Mignano. In epoca altomedievale il suo convento era il principale centro di cristianizzazione dell’alta Val d’Arda, ma è andato distrutto e se ne vedono solo pochi resti: probabilmente dalle sue rovine fu ottenuto materiale di recupero.
La chiesa dei SS. Salvatore e Gallo presenta un’imponente facciata in pietra con rosone ed è a navata unica. Tre cappelle sono state erette tra il 1894 e il 1902, mentre quella in stile neogotico sulla sinistra risale al 1950. All’interno si ammirano l’altare di P. Perotti, le tempere di A. Aspetti e un San Gallo di P. Sidoli (1897). Davanti alla chiesa ci sono la stele a ricordo dei Caduti ed il busto del comandante partigiano Pietro Inzani, detto Aquila Nera.
Da poco più di 10 anni una piccola comunità di monaci benedettini di clausura si è stabilita in una casa in sasso della frazione.
Da Monastero, proseguendo per Taverne, si arriva al Parco del Monte Moria, o Parco Provinciale di Morfasso – Veleia, ben segnalato anche partendo da Lugagnano, passando per Rustigazzo.
Questo territorio protetto occupa 10 kmq sullo spartiacque tra Arda e Chero, costituito dai crinali e dalle pendici dei monti Moria (901 m), Rovinasso (858 m) e Croce dei Segni (1.072 m). La vegetazione è composta da faggete, castagni secolari, pini silvestri e abeti alternati a pascoli, con praterie e brughiere nel punto più alto; non mancano rari fiori, ginestre e ginepro.
La strada asfaltata per la riserva naturale, finisce accanto al Santuario del Monte Moria dedicato all’Assunta e a San Rocco, recentemente costruito nel luogo in cui forse esisteva una cappella del vicino monastero benedettino.
Frequentato durante il fine settimana, il Parco è meta ambita specialmente il 15 e il 16 agosto, in occasione della Sagra di San Rocco Pellegrino: la tradizione vuole abbia vissuto qui attorno nel 1235, quando era malato di peste.
La sua statua, insieme a quella dell’Assunta - entrambi sono patroni del Parco – viene portata a spalla dagli abitanti di Monastero e di Morfasso.
Noto per esser recentemente stato palestra preparatoria dei protagonisti di un paio di reality show, il Parco è attrezzato di un rifugio con 25 posti letto. (www.parcomontemoria.it).
Una seconda strada, parallela a quella per Monastero ma più a valle, parte ancora da Morfasso, e porta a Sperongia (465 m).
Qui si visita l’ottocentesca chiesa di Sant’Andrea apostolo, eretta sulle rovine di un castello medievale; il portale di pietra di Gravago è in stile romanico: due pentafore lo separano dal soprastante rosone in pietra di Vicenza. L’interno è a croce latina e navata unica con due cappelle, mentre campanile e presbiterio sono stati edificati in epoca recente (1968).
Vicino alla chiesa di Sperongia c’è una grotta in tutto simile a quella di Lourdes: qui si celebra l’Apparizione presentando ai fedeli un frammento della roccia su cui la Madonna avrebbe poggiato i piedi quando apparve a Bernadette; la pietra sacra è stata portata nel 1972 dal vescovo di Tarres e Lourdes, in segno di devoto gemellaggio.
Nella Canonica di Sperongia, accanto alla parrocchiale, la domenica pomeriggio si può visitare il Museo privato di scienze naturali e civiltà (tel. 0523.914213).
Due grandi massi sul greto del torrente Arda sono utilizzati come palestra dagli amanti dell’alpinismo e dell’arrampicata.
Se invece da Morfasso proseguiamo dritto, dopo pochi chilometri una deviazione a sinistra ci porta a Pedina (650 m), con la chiesa di San Pietro eretta nel XV secolo: solo l’abside è quattrocentesca, poiché le due navate laterali, la facciata e l’ultima campata sono ottocentesche. L’altare è stato scolpito da P. Perotti, mentre la pala d’altare, che raffigura il Trionfo della Vergine coi SS. Pietro e Paolo, risale al XVII secolo.
Tornando sulla strada principale si prosegue verso Casali (815 m), ignorando, per il momento, la deviazione a destra per Teruzzi.
L’hospitale altomedievale di questa frazione, posto sotto il Passo del Pelizzone, era una tappa fondamentale della variante della Via Francigena.
La chiesa dedicata alla Natività della Beata Vergine sorse nel 1914 in seguito alla trasformazione dell’antico oratorio che dipendeva da Pedina: le sue remote origini sono confermate dalla trecentesca statua della Madonna del Pelizzone. Nella seconda metà del XX secolo, il professor Casali si occupò anche della ristrutturazione di questo tempio, insieme a quello delle chiese dei SS. Salvatore e Gallo, di Sant’Andrea e di San Pietro, tutte nel comprensorio di Morfasso.
Dal borgo di Casali un sentiero porta a Rocca dei Casali (872 m), uno sperone di calcare bianco attrezzato ad uso degli alpinisti.
Ora torniamo indietro per imboccare quella deviazione a destra verso il Monte Menegosa, prima ignorata.
Poco prima di Teruzzi, in località Oratorio, si visita l’oratorio in pietra dedicato a Sant’Anna.
Teruzzi è la frazione più alta di Morfasso (1.038 m), ed è caratterizzata, come altre località, dalle antiche case in sasso (una risale al XV secolo).
Il paese è il punto di partenza ideale per salire al Menegosa (1.356 m), passando per il borgo di Longhi e seguendo il sentiero 903 tra le faggete, fino a giungere alla vetta con la croce di ferro: da qui il panorama sulle alte valli dell’Arda e del Nure è meraviglioso.
Sulla cima del Menegosa si incontrano anche il sentiero 901 - che unisce Prato Barbieri e il Passo delle Pianazze passando per la Costa della Strinata e per il Passo Linguadà - e il 905, che connette la vetta ofiolitica del Menegosa a quella del Lama (1.345 m) di diaspro brunastro, così prezioso per l’uomo preistorico.
Alla sommità del Lama, segnalata da una croce di ferro, c’è un bellissimo prato; da questa vetta si ammira l’alta valle del Ceno.
Un altro percorso per raggiungere il Menegosa, più lungo ma con minor dislivello, parte da Prato Barbieri e dal Passo di Santa Franca: si lascia la macchina poco oltre la chiesetta di Santa Franca, vicino a bellissime querce.
Il Santuario è dedicato alla piacentina Franca da Vitalta, figlia dei conti Vitalta, che, nel 1213, fuggì da Piacenza, città funestata dalle lotte tra fazioni. Franca fondò un monastero con alcune compagne nei pressi di Montelana, sul versante bettolese del Monte a lei intitolato (1.317 m).
Dal santuario si prende il sentiero 901, che, passando sulle pendici del colle Guttarello, porta alla cima del Menegosa.
Informazioni Utili
Municipio
Via Roma, 23
Tel. 0523-908180
Sito web: www.comune.morfasso.pc.it
Carabinieri
Tel. 0523-856122
Comunità Montana Valli del Nure e dell’Arda
Bettola - Piazza Cristoforo Colombo, 6
Tel. 0523-900048 - 0523-911541
Parco del Monte Moria, o Parco Provinciale di Morfasso – Veleia
Sito web: www.parcomontemoria.it
C.A.I. Piacenza
Tel. 0523-328847
I.A.T. di Castell’Arquato
Tel. 0523-918534
Frazioni e località: Bellini, Cà delle Donne, Carignone, Casali, Chiavarini, I Rabbini, Malvisi, Monastero, Morfasso, Pedina, Rusteghini, San Michele, Sperongia, Teruzzi
Distanza da Piacenza: 54 km
Superficie: 83,78 kmq
Altitudine: 631 m
Residenti: 1.430 circa
CAP: 29020