museo geologico di castell'arquato
Cinque milioni di anni fa, nel periodo geologico noto come Pliocene, argille e sabbie si depositavano in fondo al mare di quel "golfo padano" che allora occupava buona parte delle regioni settentrionali d'ltalia. Per millenni strati di detriti si sono accumulati gli uni sugli altri, racchiudendo i resti degli esseri che vivevano in quell'antico mare e che, come milioni di pagine in un archivio immenso, restano ora silenziosi testimoni di tempi remoti. I calanchi attorno a Castell'Arquato rappresentano uno dei luoghi privilegiati dove questo "archivio" si apre con generosa evidenza.
Le colline su cui sorge Castell'Arquato sono modellate sui sedimenti depositatisi in un periodo di tempo che va da cinque a circa un milione e mezzo di anni fa, in un braccio di mare che comunicava con l'attuale Adriatico. Tra i calanchi posti tra i torrenti Chero, Arda e Stirone si possono ancora oggi trovare i resti degli antichi abitatori di questo mare: dai molluschi ai ricci, dai granchi ai coralli, fino alle balene.
Gran parte della zona orientale della provincia di Piacenza ne è talmente ricca, che un piano geologico del Pliocene, ultimo periodo dell'Era Terziaria, è noto proprio col termine "Piacenziano", di cui la località più tipica è precisamente Castell'Arquato. Qui già dal primo ventennio di questo secolo opera il Museo Geologico, che ha ora sede nel ristrutturato cinquecentesco Ospedale di Santo Spirito.
Tale edificio è importante non solo sotto il profilo architettonico, ma anche urbanistico, perché rappresenta l'unico esempio rimasto a Castell'Arquato di portici connessi alla via.
Le collezioni del Museo Geologico sono suddivise in due nuclei principali costituiti dalle raccolte paleontologiche e da quelle petrografiche. Quelle relative ai fossili sono divise a loro volta in cinque sezioni, più una sezione dedicata alla malacologia attuale.
La raccolta di molluschi del Pliocene piacentino consta attualmente di alcune migliaia di esemplari relativi a 372 entità sistematiche suddivise in: Classe Bivalvia (145 specie), Classe Gasteropoda (224 specie), Classe Scaphopoda (2 specie), Classe Amphineura (1 specie); quella relativa agli Invertebrati in genere è costituita da Poriferi, Celenterati, Brachiopodi, Echinodermi ed Artropodi rinvenuti nei terreni pliocenici della provincia di Piacenza (tra questi uno splendido grande e perfettamente conservato esemplare di granchio); la raccolta di Vertebrati è suddivisa in tre sottosezioni, riferite ai denti di squalo (che dimostrano l'esistenza di squali ben più grandi degli attuali), ai cetacei (che costituiscono la raccolta più importante tra quelle conservate nel Museo con resti di delfini, di balene e balenottere) e alle faune alluvionali quaternarie rinvenute nella provincia di Piacenza prossima al Po (ricca di resti di Bison, Elephas, Bos, Cervus, Equus).
Nella sala centrale del Museo è stata recentemente collocata una gigantesca scultura lignea opera di Giorgio Rastelli che permette di cogliere le fattezze, a grandezza naturale, di una balenottera acutorostrata, tipico esemplare delle faune di quel mare che, fino a un milione e mezzo di anni fa, occupava la pianura padana.
La sezione dei Vegetali è rappresentata da impronte di foglie e di numerose pigne fossilizzate che hanno mantenuto la loro forma originaria.
Sono presenti anche reperti provenienti da Brasile, Russia, Francia, USA, Nuova Zelanda e Australia e una sezione del museo (in fase di costituzione) è dedicata alla malacologia attuale.
La sezione dedicata ai Minerali (anch'essa in via di costituzione) è suddivisa in base alle caratteristiche chimiche dei più comuni minerali secondo le classi: elementi nativi, solfuri e affini, solfosali, aloidi, ossidi e idrossidi, ossisali, sali di acidi organici, carboni fossili e idrocarburi; la sezione petrografica comprende invece rocce magmatiche, sedimentarie e metamorfiche in generale con particolare riferimento ai litotipi caratteristici dell'Appennino ed ai minerali ad essi collegati.
A disposizione dei visitatori sono anche lastre fotografiche e diapositive su vetro appartenenti alla storica collezione dell'avv. Odoardo Bagatti, realizzate nei primi anni del '900, interessanti sia dal punto di vista storico che scientifico, oltre ad altre più recenti e a quelle scattate durante le recenti spedizioni all'estero (Ladakh, Urali e Tibet).