palazzo del tribunale

 

È il più affascinante esempio di residenza signorile del Rinascimento in Piacenza. Come ricorda una lapide sull'angolo a sinistra, l'edificio sorge nelle fondamenta antiche in epoca medievale, su possedimenti già della potente e ricca famiglia Landi.

L'attuale palazzo venne fatto edificare alla fine del XV secolo da Manfredo Landi, consigliere dei Duchi di Milano e morto ne11488. Nel 1578 il complesso fu requisito dal duca Ottavio Farnese, per vendicare la congiura contro il padre Pier Luigi, cui aveva partecipato anche Agostino Landi.

Divenne così sede del Supremo Consiglio di Giustizia e poi del Tribunale delle Finanze; oggi ospita il Tribunale, la Prefettura, la Corte d' Assise.

Manfredo Landi affidò la costruzione della facciata a Giovanni Battagio da Lodi (1565-93 c.), artefice nel 1488 del Tempio della Incoronata a Lodi, e al genero di questi, Agostino de Fonduli, diffusore locale del linguaggio di Bramante da lui assimilato mentre lavorava nella chiesa milanese di S. Satiro.

Diretta filiazione delle soluzioni bramantesche è infatti la concezione dell'ornato in stretta connessione con l'architettura, visibile nell'elegante fregio in terracotta con sirene, medaglioni, trofei che, nel percorrere le due facciate del palazzo, ne modula in chiave pittorica la severa struttura, animata solo dalle lunette che incorniciano alcune delle finestre.

Il ricco portale in marmo, è opera invece dello scultore lombardo Giovan Pietro da Rho, autore dello splendido portale di Palazzo Stanga di Cremona ora al Louvre, che 10 eseguì insieme al fratello Gabriele tra il 1482 e 1'83.

La sagoma riprende quella degli archi di trionfo romani ed è ornata sul fronte da due medaglioni classici, includenti profili virili. Gli stipiti sono impreziositi da figure allegoriche, mentre le colonne a «candelabra», finemente modellate nelle superfici da racemi e cherubini, recano l'una il simbolo della concordia (tre uomini con le mani intrecciate) e l'altra il presunto emblema della Pittura, Musica e Poesia (tre giovani donne).

La trabeazione, formata da un doppio architrave con rilievi classicheggianti, è siglata da una cimasa a riccioli affrontati, su cui poggiano tre figure maschili realizzate a tutto tondo.

Entrando attraverso il settecentesco atrio, si raggiunge il cortile di sinistra con un quadriportico retto da colonne, che presenta sulle pareti un decorazione in cotto analoga a quella della facciata. Da qui ci si inoltra nel secondo cortile, il cui loggiato superiore ospita gli stemmi dei Gesuiti che abitarono il palazzo nel 1582, dopo la requisizione Farnese.

Stando ai documenti d'archivio, l'autore delle colonne e degli ornati capitelli dei cortili, dovrebbe identificarsi nel poco noto Bernardo Riccardi di Anghiera, che li avrebbe realizzati nel 1485.